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mercoledì 29 agosto 2012

Sostenibilità e la più grande piaga del pianeta...

Da che mondo e mondo ogni specie dominante dovrebbe essere composta da un numero estremamente limitato di esemplari. Regola che dovrebbe accentuarsi in proporzione alla posizione verticale occupata nella catena alimentare. L'uomo, come in molte altre circostanze, sfugge a questa preziosa direttiva naturale. Forse verrebbe spontaneo immaginare ai vari grandi carnivori come padroni incontrastati di questa privilegiata posizione. In realtà non è così, visto che ad occupare il dominio come incarnazione di predatore dei predatori è certamente la nostra specie.
Animali che alcune decine di millenni fa non conoscevano la paura, hanno iniziato piano piano ad essere decimati da una scimmia 'nuda' ed apparentemente indifesa.
Quando è vero che l'apparenza inganna! L'arricchimento del pattern alimentare per l'uomo con la carne è però rimasto un problema di bassa entità fino a che stato circoscritto alla caccia usando strumenti primordiali. Visto che potevano trascorrere molti giorni prima di riuscire a colpire una preda mortalmente. I veri 'guai' per il pianeta sono iniziati quando alcuni uomini preistorici hanno compreso che le risorse potevano essere sfruttate su grande scala ed in modo sistematico tutto l'anno. Per cui presto con l'avvento dell'allevamento e dell'agricoltura tutti i viventi, animali e vegetali sono diventati 'proprietà' ad esclusivo uso umano. Ciò ha generato un anomalo incremento di una popolazione 'mietitrice' di risorse ambientali: l'umanità.
Ogni predatore, dal lupo alla tigre, ha sempre occupato una soglia numerica di colossale minoranza, in correlazione alla dimensione del branco fornitore di prede. Consuetudine che ha sempre garantito il giusto equilibrio dinamico delle risorse tra nati e morti.
Sicuramente il problema nasce partendo dagli albori del genere homo sulla Terra. Situazione successiva a titaniche mutazioni climatiche che hanno spinto una scimmia frugivora a diventare all'occorrenza predatrice carnivora. Da questo punto in poi la piaga si è ingigantita di pari passo con il crescere dell'intelligenza umana successiva all'alternanza di nuove crisi climatiche. Anomalia che ne ha create altre, che a loro volta hanno generato problemi insoliti per la natura, conducendo a danni oggi per lo più irrecuperabili.
Molti errori sono ormai irrecuperabili, ciò però non significa che non si possa mettere un 'freno' al problema. L'uomo come essere supremo sul pianeta ha bisogno di soddisfare molte necessità. Come tale dovrebbe essere consapevole di dover far parte della specie meno popolosa sulla terra. Diciamo poche decine di migliaia di individui in tutto il globo! Ciò garantirebbe una perfetta 'salute' ambientale. Ogni essere vivente vedrebbe il proprio stato conservato e pure lo stesso genere umano sperimenterebbe un benessere mai conosciuto prima.
Chiaramente l'uomo è ancora troppo 'giovane' per saper gestire il proprio potenziale ed ora viviamo un momento di grande conoscenza, che usiamo come se fosse un gioco nuovo nelle nelle mani di un bambino, non vedendo l'ora di metterla in pratica...
Negli ultimi 2000 anni la popolazione umana sul pianeta è più che centuplicata, così come le menti in grado di elaborare pensieri, insieme ad un incredibile progresso. Ma dall'altro lato pure l'impiego di risorse è aumentato dello stesso grado. Punto che rappresenta il centro del problema della insostenibilità ambientale odierna.
Nel 2012 siamo 8000000000 e si stima che nel 2100 saremo tre volte tanto, valore limite che secondo studiosi del settore sarà quello del tracollo. Abbiamo pochi anni a disposizione per rimettere a posto una situazione così compromessa. Certamente esistono molte soluzioni 'veloci' al problema. I più pessimisti sostengono che l'unica scelta opportuna sia una guerra globale. Probabilmente però tale soluzione sarebbe anche la peggiore, visto che creerebbe 'ferite' al pianeta difficilmente recuperabili viste le armi oggi disponibili. Inoltre andrebbero sprecati moltissimi patrimoni del sapere generati dal uomo fino ad oggi(architetture, strutture, strade, libri, film, arte, medicina, tecnologia, musica, tutto...). Soluzione non conveniente nemmeno ai produttori di armi, dato che questi traggono profitto dal fomentare la paura della guerra costruendo armi come strumento di potere. Difficilmente per usarle su larga scala, bensì per applicarle in zone disagiate con l'obbiettivo di alimentarne l'instabilità al fine di sfruttarne le risorse... Se venisse invece distrutto tutto con una guerra mondiale anche le industrie belliche ne uscirebbero danneggiate perché ne verrebbero colpite pure loro stesse! Quindi la guerra per risolvere il problema demografico nel mondo è una soluzione da scartare.
E' assolutamente necessario ricercare un meccanismo risolutore per far in modo che nulla della conoscenza acquisita vada persa, così come l'intera mole di opere non venga distrutta. Se così non fosse tutti i danni creati alla Terra fino ad oggi sarebbero stati nient'altro che uno spreco!
Occorre quindi ragionare attentamente sul problema e sfruttare i desideri della maggior parte della popolazione mondiale, per indirizzare le 'energie' verso una soluzione veloce al problema demografico. Ecco che il 'dio' denaro potrebbe tornare utile!
L'essere umano è molto volubile, debolezza ideale sfruttabile per ottenere un grande risultato. Il 99% delle persone al mondo sarebbe disposta a tutto per raggiungere il benessere economico.
Pensiamo ad una tipica coppia che desidera formare una famiglia ma non ne possiede le risorse. Come fare? E se un ente di qualche genere intervenisse con una proposta allettante alla quale è difficile rifiutare? L'esempio potrebbe essere l'offerta di una casa di proprietà con stipendio vitalizio, dietro la richiesta di non avere figli con sterilizzazione e l'imposizione di adottarne uno bisognoso. Soluzione alla quale aderirebbero in moltissimi, specialmente nelle zone maggiormente disagiate del pianeta, dove com'è noto ci sono sempre troppe nascite. Tale soluzione non sarebbe imposta ma libera per chi lo desidera. Anche se in principio si creerebbe un'uscita di capitale, già nel medio periodo i risultati si vedrebbero in termini sia di ritorno economico sia che in un minor impatto ambientale. Ovviamente il tutto andrebbe attentamente regolamentato...
Agendo sui poveri l'arresto demografico sarebbe repentino ed unito all'infusione di denaro si genererebbe un rimbalzo economico notevole. Le popolazioni più ricche difficilmente aderirebbero ad un'iniziativa di questo tipo, per via della loro non incombente necessità economica, oltre ad essere naturalmente inclini ad avere al massimo un figlio.
Il tasso di mortalità farebbe il resto e in meno di un secolo la Terra diventerebbe più vivibile perché meno popolosa e meno inquinata. Tutto senza avere perso nulla di quello costruito dalle generazioni precedenti. Il motto che incitava gli abitanti dei paesi occidentali di inizio '900 a fare figli non è certamente più valido oggi e probabilmente i danni ambientali legati all'aumento demografico innescato allora, ha creato i problemi che vediamo oggi su scala mondiale.
Dando il via ad una riduzione demografica organizzata, piano piano verrebbe ristabilito l'equilibrio con le altre specie viventi. Ovviamente idee se ne potrebbero studiare un'infinità, tutte però dovrebbero condurre al fine ultimo di rendere le risorse più che sufficienti, tanto che non dovrebbe essere più necessario coltivare terra per nutrire animali da macello. Bensì, se la considerazione dello 'spazio vitale' fosse mantenuta al giusto livello di importanza, pure nella nutrizione si eviterebbe il triplo passaggio vegetale-carne-uomo per un ottimale passaggio diretto vegetale-uomo. E spostandoci ancora di più verso un uso maggiormente sostenibile delle risorse, verrebbe spontanea la pratica alimentare crudista, evitando così incredibili sprechi energetici derivati dalla cottura. Qui entrerebbe per forza in ballo l'alimentazione fruttariana come la migliore per l'essere umano e la più sostenibile dal lato ambientale. Ciò perché la frutta è l'unico alimento direttamente digeribile dall'intestino umano senza il bisogno di alcuna lavorazione.
Queste purtroppo sono idee per lo più utopiche, anche se probabilmente efficaci che non saranno mai messe in atto. Le multinazionali che controllano l'economia del pianeta non lo permetterebbero. Tanta popolazione genera molto consumo e per coloro che lavorano sui grandi numeri significa grande guadagno. Un pianeta troppo popoloso giustifica le coltivazioni geneticamente modificate e tutta la ricerca a riguardo. Giustifica gli allevamenti intensivi e tutta la ricaduta in termini di problematiche inerenti al consumo di carne sulla salute umana...
Il tracollo è già iniziato e lo stile di vita oggi esistente per i miliardi di individui sul pianeta non è sostenibile nel lungo periodo e neppure nel medio. Per l'ecosistema terrestre non è possibile mantenere così tanti di individui di una specie così 'dispendiosa' come quella umana.

Dott. Bartolomeo Davide Bertinetto

giovedì 21 giugno 2012

Proteine: il macronutriente invecchiante


Se è vero che l'uomo è per natura fruttariano e tutte le fonti alimentari 'differenti' esistenti oggi sono una pura forzatura inventata dalla nostra civiltà negli ultimi millenni, è anche vero che molti dei cibi introdotti dall'uomo nella propria alimentazione possono essere indubbiamente digeriti ma con dei compromessi da parte del nostro organismo... Il tema di questo articolo non è però quello di analizzare cos'è artificiale nell'alimentazione umana o meno. Bensì evidenziare il fattore metabolico scatenato dalle proteine introdotte con la dieta.
La proteina viene utilizzata dagli organismi viventi per 'autocostruirsi' e rigenerarsi. Nella nostra cultura occidentale si crede che per tutta la vita sia necessario un apporto elevato di questo macronutriente. Riconducendo però il tutto alla natura puramente frugivora dell'uomo si rende evidente che l'alimentazione iperproteica non può essere adatta alla nostra specie.
Nell'adulto la sintesi proteica è naturalmente molto lenta, diminuendo ulteriormente con il progredire dell'età parallelamente al fattore metabolico. Pertanto nel periodo della vita posteriore allo sviluppo non è più strettamente necessario consumare cibo altamente proteico in soluzione continuativa. Solo nel neonato è indispensabile il latte materno come unico prodotto animale, fino allo svezzamento indicato dalla crescita dentale. Soluzione unicamente adatta a questo primo periodo della vita per l'altissima concentrazione nutrizionale e proteica.
Un frutto infatti contiene in media dal 1 al 10 percento rispetto al suo peso, di 'materiale' proteico. La nostra specie deve quindi essere per forza strutturata per utilizzare questa bassa quantità, per innescare il meccanismo di crescita nel bambino dopo lo svezzamento e la rigenerazione nell'adulto. La biosintesi proteica nell'individuo subito dopo la nascita è iperaccelerata per imposizione genetica, a prescindere dalla carica proteica assunta. Mentre nella l'adulto vista la condizione 'costruttiva' ormai completa di tutti gli apparati, la necessità proteica è molto limitata. Tutti gli elementi proteici assunti in eccesso oltre ad essere espulsi in buona parte perché non strettamente necessari, sovrastimolano il metabolismo perché ne inducono l'accelerazione. A livello cellulare ogni la presenza di materiale proteico riconduce alla possibilità di un 'rinnovo' e quindi una replicazione di tessuti ancora utili che vengono 'sostituiti' precocemente solo perché esistono le prerogative per farlo e non perché davvero necessario. Qui giungiamo al centro di questo articolo, ovvero la sovrastimolazione del metabolismo ed il conseguente ricambio precoce dei tessuti che accelera il processo di invecchiamento. Tale condizione comporta un profilo particolare, legato alla distruzione oltremodo alta di cellule ancora efficienti e quindi un altissimo sviluppo di tossine, tra le quali l'extra formazione di molti radicali liberi. Aggiungendo a livello probabilistico una maggior incidenza di errori nella replicazione della molecola del DNA(origini tumorali). Senza contare che le cellule di molti tessuti possono dare luogo ad un numero di mitosi limitato, esaurendo precocemente la possibilità di riparazione quando veramente necessario.
Che l'alimentazione alto-proteica accorci la vita è una condizione evidenziata dalla natura stessa, usando come esempio gli animali carnivori ed erbivori presenti sul pianeta. Tutti i carnivori possiedono una longevità molto bassa 10-15 anni (canidi e felini...), mentre gli erbivori come ad esempio bovini ed equini possiedo un ciclo vitale molto più ampio(30-35 anni). La semplice osservazione della nutrizione di altri animali diversi dall'uomo dovrebbe far riflettere. Restando comunque in abito puramente umano è dimostrato che le donne possiedono una lunghezza della vita media superiore a quella dei maschi, ciò è senza dubbio dovuto all'alimentazione media maggiormente basso-proteica legata al gentil sesso. Questo dovrebbe essere un ulteriore punto di riflessione.
Esistono molte controversie tra i ricercatori alimentaristi di oggi, per il reale fabbisogno proteico necessario. Molti fattori odierni che avvalorano l'alimentazione alto-proteica nell'essere umano sono quelli legati ad un intensa vita quotidiana(lavoro, sport, famiglia, impegni sociali...). Partendo da presupposti primordiali, invece pare scontato che più si stimola il metabolismo con un'alimentazione iperproteica, più questo per sostenersi richiede proteine. Quindi il risultato alimentare studiato tutt'ora non è tanto legato a quello che si fa nella routine giornaliera, bensì alla tipologia alimentare al quale abituiamo il nostro corpo per vivere. D'altro canto un essere umano preistorico che viveva in un ambiente selvaggio ricco di animali ma anche di frutti cosa avrebbe scelto di mangiare? Avrebbe preferito correre dietro per giornate intere ad un preda rischiando di ferirsi o peggio... Oppure avrebbe optato per l'abbondante, sicura, comoda e saporita frutta per sostenersi!? La risposta mi sembra evidentemente sbilanciata a favore della seconda ipotesi. Il questo caso, con una vita all'aperto, fatta di movimento e relazioni sociali(l'uomo anche ai suoi primordi conduceva vita di gruppo) per tutta la durata della luce solare, di quale fabbisogno proteico necessitava, secondo i canoni iperproteici considerati oggi, vista l'alimentazione fruttariana che conduceva? Molto ma molto contenuti, perché il quel contesto alimentare simile l'organismo impara a gestire al meglio le risorse proteiche, evitando l'assuefazione verso l'alto esistente oggi per questo macronutriente. Gestire meglio le risorse proteiche per un essere vivente, sostenendosi con meno, significa rallentare il proprio metabolismo e quindi allungare la durata della propria vita in modo proporzionale, raggiungendo un migliore grado di efficienza. Metabolizzare una quantità proteica a livello cellulare comporta dei costi enormi a carico pure degli altri elementi nutritivi(glucidi, glicidi, vitamine, minerali...).
La natura cerca sempre la 'strada' maggiormente sostenibile per ridurre ogni spreco, garantendo la più efficiente economia delle proprie forme di vita. Se un essere vivente richiedesse un impiego di risorse troppo elevato(in questo caso proteico) verrebbe facilmente eliminato dal processo di estinzione.
Esistono teorie legate ad alcuni sport come il body building secondo le quali, sarebbe necessario un consumo minino di proteine di origine animale pari a 2,2 g per kg di peso di massa magra. Evidenziando che questo rappresenta la quantità minima, visto che alcuni atleti e specialmente gli agonisti arrivano a consumarne fino al doppio! Non a caso la longevità degli atleti del body builging è davvero molto limitata, molto malvissuta nelle ultime una/due decadi di vita(vedi fratelli Mentzer, l'italiano They, il 'guru' Duchaine e molti altri...). L'alimentazione alto proteica esaltata dall'ambiente attuale del fitness e body building accorciano la durata della vita perché puntano alla sovrastimolazione metabolica, cadendo in un massiccio ricambio cellulare che produce tossine e alta probabilità di difetti, legata ad un'erronea replicazione del DNA. La situazione non è comunque molto diversa negli altri sport praticati oggi, dove si cerca la massima performance a scapito della salute. L'assuefazione proteica che si innesca in seguito all'alto consumo conduce il praticante a consumare una quantità sempre più alta di proteine per avere continui risultati, al pari di un qualsiasi farmaco. Un vero vortice senza fine. Mentre altri atleti che hanno pur sempre praticato il body building, però in chiave vegana(quindi alimentazione basso-proteica) hanno acquisito una longevità straordinaria, indicatore che l'allenamento con i pesi se gestito bene, possiede elevate proprietà anti età(vedi Joe Rollino body builder vegano morto a 104 anni per incidente stradale).
In conclusione sembra che tutti i centenari odierni ed in buona salute, sono persone che per lo più hanno condotto una vita fondata su un'alimentazione ipoproteica, con consumo limitato di proteine di origine animale. Prova che avvalora la teoria secondo la quale un metabolismo lento stimoli la lunga vita.

Dott. Bartolomeo Davide Bertinetto

Articolo riferito al metodo anti invecchiamento Matevo®

giovedì 5 aprile 2012

Matevo(r) e cammino evolutivo per arrivare all'uomo moderno

Senza dubbio è impossibile poter parlare di alimentazione senza ripercorrere per intero il cammino  evolutivo dell'uomo. Pensare dopo tutto che l'uomo preistorico fosse un puro cacciatore è certamente fuori luogo, anche se oggi rappresenta il pensiero dominante. Infatti il dispendio energetico per intraprendere la caccia è enorme e quindi davvero poco vantaggioso a livello nutritivo. Per questo sarà più facile pensare all'uomo preistorico come ad un raccoglitore fruttariano, che in tempi solamente più recenti a causa di mutamenti climatici, ha dovuto improvvisarsi cacciatore... Analizziamo quindi le tappe che hanno formato l'homo sapiens che vive oggi sulla Terra.

Se analizziamo il vero cammino umano nel momento di 'relativamente lenta trasformazione' da scimmia a homo ergaster, scopriremo che l'alimentazione di questi non doveva essersi mai discostata troppo da quella fruttariana/insettivora. Ovviamente le molte circostanze ambientali hanno fatto si che prendessero il via molte differenze anatomiche tra scimmia ed ergaster. L'ergaster possedeva già una deambulazione completamente bipede una capacità cranica decisamente accentuata e degli arti superiori più corti adatti alla manipolazione di oggetti. Era molto simile all'uomo moderno, a sostegno di ciò sono stati trovati scatole craniche con volume celebrale vicino alla media dell'uomo moderno.
Sembra assurdo poter spingere la specie dei primati a mutare così tanto le proprie abitudini, la propria conformazione muscolo scheletrica,  la dimensione encefalica, la struttura sociale, e altre indefinite peculiarità; partendo proprio dai mutamenti climatico/ambientali, con quindi la forzatura a trasformare l'alimentazione. Ciò ha fatto si che la specie umana sia quella che è oggi, con tutti i suoi pro e contro. Il fatto che lo stile di vita dell'uomo possa essere cambiato, nel suo interno resta e rimarrà sempre un primate 'evoluto'... Da qui si desume che l'apparato digestivo umano è rimasto ancora oggi a base fruttariana. 


Secondo ultimissime ricerche non confermate, la 'spinta innescante'  il lento passaggio da scimmia a uomo si sarebbe avuta nelle regioni più fredde, aride ed impervie al mondo: il nord del mondo. Tali recentissime teorie indicherebbero l'homo di ergaster(1,6 milioni di anni fa) come nativo Europeo e poi emigrato in Africa. Giunto a sua volta 2,6 milioni di anni prima nella sua forma primordiale di austrolopiteco. L'andirivieni migratorio tra Africa ed Europa ha fatto si che si creassero altre linee di hominidi che via via hanno dato luogo a nuove ibridazioni e quindi a nuovi salti evolutivi.
L'ergaster si può quindi considerare un uomo a tutti gli effetti con la sua capacità cranica media poco inferiore a 1000 cm3 e a volte pari a quella attuale, dentatura quasi identica a quella del sapiens, la pelle poco cosparsa da peli, un probabile linguaggio, la capacità di creare oggetti raffinati....


Resta comunque certo come il primo abitatore europeo confermato da reperti fossili diffusi, l'homo antecessor. In seguito sembra essersi diffuso pure in Africa, dando luogo a canali evolutivi separati per alcune centinaia di migliaia di anni.


L'antecessor in Europa circa 300.000 anni dopo divenne homo heidelbergensis, con una capacità cranica media pari o di poco inferiore a quella dell'uomo moderno, per poi mutare 200.000 anni fa in homo sapiens neandertalensis. La corporatura di questo ultimo ominide è caratterizzata da ossa tozze e robuste, dentatura identica a quella moderna, incredibile capacità cranica(anche 1600 cm3), probabili tratti caucasici, con capelli biondi o rossi, occhi chiari, pelle bianca.


Il neantertal è riuscito a diffondersi in tutta l'Europa nonostante le difficoltà delle grandissime glaciazioni di quel periodo, arrivando a colonizzare tutto il nord del mondo, scendendo fino più a sud in tempi recenti toccando le zone del medio oriente(30.000 anni fa).
Clima estremo, alimentazione scarsa e prevalentemente animale, hanno di fatto 'obbligato' questo singolare ominide a diventare estremamente organizzato a livello sociale, quasi completamente cacciatore in gruppi(scopritore del fuoco?!), forse autore dei primi riti religiosi e sepolture, abilità nel creare rifugi e abbigliamenti protettivi, tecniche di conservazione e trasporto del cibo... La causa della sua prematura scomparsa è sicuramente stata l'ultima glaciazione e non il confronto con il sapiens sapiens, con il quale c'è stata ibridazione contrariamente a come si pensava qualche decennio fa.


Mentre il cammino evolutivo Africano proseguì dall'antecessor per completarsi poi direttamente  con l'homo sapiens sapiens(200.000 anni fa), secondo i reperti fossili rinvenuti.
Rimane quindi un dato di fatto che l'ultimo antenato comune tra neandertal e sapiens sapiens sia stato l'homo antecessor.
Si è sempre ritenuto che le due specie finali di homo siano rimaste separate, oppure in netto contrasto per la competizione evolutiva con scontri mortali... Di recente però, dopo l'analisi e confronto del progetto genoma tra sapiens sapiens e neandertal sono emerse delle similitudini genomiche, possibili solo attraverso l'ibridazione.
Quindi oggi, alla soglia del 2012 sembra che la vecchia teoria secondo la quale l'homo sapiens sapiens abbia spazzato via il neandertal sembra essere superata. Infatti dopo 10 o 20 mila anni di convivenza tra sapiens europeo e sapiens africano, si postulano probabili vari accoppiamenti tra le due specie di homo. Che, come già accennato, in prossimità dell'ultima glaciazione hanno portato alla completa estinzione del sapiens nativo europeo, perpetuando così solo una piccola presenza genetica recessiva nel sapiens sapiens moderno(5%). Ciò è stato confermato dal confronto tra patrimonio genetico asiatico, europeo, nordafricano e sud africano con il neandertal. Studio che ha fatto emergere una maggiore ibridazione nelle zone europee con i neandertal rispetto a quelle africane. Infatti i bianchi/asiatici presentano una comunione del 5% con il neandertal, mentre nulla o lievissima con gli abitanti moderni africani. Il progetto genoma sta di fatto dando luogo ad una vera svolta spiegando, attraverso vari confronti, come si sia arrivati alla specie umana esistente oggi.
Una profonda crisi ambientale, arrivata poco alla volta e durata per alcune centinaia di migliaia di anni può essere stata la causa scatenante che ha 'costretto' un manipolo di primati a distaccarsi sempre di più dal loro gruppo originale. Quindi di millennio in millennio e crisi ambientale perpetua hanno obbligato questo gruppo nostro progenitore, a migrare verso i territori più diversi ed adattarsi, stimolando una forte selezione naturale. La selezione naturale e poi diventata preferenza sessuale tra gli individui, poi competizione e quindi raggruppamenti sociali, che hanno ulteriormente condizionato i vari incroci. Le varie intersezioni tra glaciazioni e periodi di calma climatica hanno spinto le popolazioni di allora in varie direzioni sul pianeta. Questo ha dato il via a nuove piccole varianti che hanno quindi creato altre diversificazioni della specie umana. Come è avvenuto per il sapiens nandertalensis ed il sapiens sapiens. Infatti il primo con ogni probabilità, viste le scatole craniche fossili, possedeva un livello intellettivo pari e a volte superiore rispetto al uomo moderno, pur non essendo riuscito a dominare a causa dei fenomeni climatici avversi subiti. Per questo sembra che a suo sfavore abbia giocato l'ultima glaciazione, che lo fatto scomparire anzitempo dalla faccia della terra. A noi del neandertal è arrivata solo una piccola percentuale del patrimonio genetico dovuta all'ibridazione europea e del medio oriente con i sapiens sapiens giunti in quei luoghi. Se cosi non fosse nessuno oggi avrebbe occhi e capelli chiari!
E' interessante notare che con ogni probabilità la convivenza tra neandertal e sapiens si è conclusa con la definitiva ibridazione ed estinzione del ceppo europeo circa ventimila anni fa. Così dopo questa soglia temporale, hanno preso il via tutti gli stadi sociali che hanno portato allo sviluppo attuale. E' interessante notare che le le più antiche civiltà umane hanno avuto inizio alcuni millenni dopo il termine dei processi di ibridazione tra neandertal e sapiens circa 20000 anni fa. Mentre fintanto che le due specie di ominidi sono rimaste separate ogni sviluppo è stato isolato con ogni probabilità ad un livello tribale.
La risposta ai prossimi decenni di ricerca e chissà se come si è già anticipato, qualche 'scienziato molto intraprendente', facente parte del progetto genoma(o simile) non riuscirà far rivivere un neandertal oggi?

Articolo riferito al Metodo Matevo®

Dott. Bartolomeo Davide Bertinetto

venerdì 10 febbraio 2012

Differenza tra cibi alcalini e deacidificabili

Nell'ambito di un'alimentazione fruttariana esiste una sottile soglia di separazione tra PH reale del cibo introdotto nel corpo umano ed il risultato chiamato PRAL(Potential  Renal  Acid  Load) rilevato nelle urine dopo aver consumato un determinato alimento.
L'apparato digestivo dell'uomo(e della donna) dispone di risorse davvero sopraffine per riuscire ad 'incamerare' al meglio ogni tipo di fonte nutriva. In ogni caso non si dovrebbe mai abusare di questa capacità, cercando di selezionare i cibi maggiormente 'elettivi' per la specie umana. Per questo se è pur vero che riuscire ad ingerire un frutto acido potrà nel risultato finale fornire un risultato PRAL negativo, non significa che questo per essere alcalinizzato non abbia richiesto la deplezione di risorse interne.
Infatti il valore PRAL comprende una scala negativa(ceneri alcaline), un valore zero(neutrale) ed una positiva(acida, non alcalinizzabile dall'essere umano). Tali valori posso essere più o meno elevati sia nella fascia negativa che positiva. Infatti più un valore è alto al negativo più possiede un'ottimale compatibilità con l'organismo umano. Non è però da intendere come unica componente ideale. Infatti alimenti con PH basico alla fonte, possono fornire un valore PRAL nelle urine solo leggermente negativo. Ciò accade perché tali cibi riescono ad essere metabolizzati senza attinger ulteriori elementi prestoccati dall'organismo, creandone invece un accumulo aggiuntivo rifornendole. Di conseguenza la parte alcalina dell'alimento non viene non viene espulsa in modo così marcato, fornendo un PRAL urinario solo leggermente negativo.
La situazione ideale è quindi quella di ingerire alimenti alcalini già alla fonte, che non devono quindi essere alcalinizzati dal processo digestivo umano, giungendo all'urea con PRAL negativo.
Nell'ambito fruttariano è importante quindi fare un'accurata distinzione tra i frutti naturalmente acidi con quelli a PH nativo elevato, che dopo i processi metabolici forniscono PRAL negativo. Visto che per raggiungere tale risultato il corpo ha dovuto per forza attingere dalle proprie riserve per produrre un risultato finale con ceneri uree alcaline.
I minerali maggiormente alcalinizzanti coinvolti sono il calcio ed il potassio, ne esistono comunque molti altri. Un eccesso di cibi acidi ma alcalinizzabili produce per forza una deplezione dei suddetti minerali per raggiungere PRAL negativo. Processo che nel lungo temine potrebbe concludersi con carenze di tipo osseo, dentale, muscolare ed altro...
L'alimentazione fruttariana è senza dubbio quella elettiva per l'essere umano, badando però che non tutti i frutti sono per la nostra specie. Anche se un alimento può essere utilizzato per la nutrizione non significa che questo possa essere compatibile al 100%. Anche solo una lieve incompatibilità rende un alimento non adatto alla nutrizione umana.
Ovviamente tutti i cibi ideati dall'uomo nel corso degli ultimi millenni, per giungere fino a quelli ancor più pericolosi degli ultimi decenni, sono da evitare a tutti i costi. L'elenco è certamente lungo ed in continuo cambiamento verso il peggio. Il ragionamento è comunque semplice: TUTTO QUELLO CHE ESISTE IN NATURA SPONTANEAMENTE E SENZA TRASFORMAZIONI DI SORTA PUO' ESSERE USATO PER LA NUTRIZIONE ANIMALE. Partendo da questa massima bisognerà approfondire il discorso con delle differenze da specie a specie. Nel caso di quella umana l'accorgimento è quello della frutta con PH basico che possa fornire ceneri urinarie alcaline, quindi con PRAL negativo.
Il sistema per la longevità Matevo®, trattato nel libro digitale 'Matevo®, invecchiamento e forza questioni risolte' punta alla maggior efficienza fisica. Traguardo ottenibile attraverso movimenti ginnici confortevoli che rispettano prerogative evolutive per l'essere umano, combinando un'alimentazione elettiva basata sulla sola frutta alcalina. Stratagemmi ora perduti dalla maggior parte della gente vivente oggi. Da sempre però contenuti nel bagaglio evolutivo della nostra specie,  ancor prima che l'uomo diventasse sapiens.


Materiale riferito al metodo anti age Matevo®: libro 'Matevo®, invecchiamente e forza questioni risolte'